Durante il Seicento il tema della tavola imbandita si diffonde progressivamente in Europa, soprattutto attraverso la scuola olandese, ed è ampiamente apprezzato anche dall’alta borghesia, che ha la necessità di affermare un proprio ruolo sociale anche attraverso la committenza di opere di soggetto profano, come le nature morte, dove la presenza delle vivande sottende intenti moraleggianti, ammonimenti sulla brevità dell’esistenza umana, raccomandazioni sulla retta condotta di vita.
Esemplare a questo proposito il dipinto firmato da Peter Claesz (1597-1661), uno dei principali rappresentanti del secolo d’oro olandese. La scena, datata agli anni quaranta, è solenne, dominata dallo straordinario equilibrio degli oggetti composti in un’atmosfera rarefatta: ospitalità sontuosa, ma improntata alla sobrietà, come dimostrano il römer, bicchiere di vetro basso con il piede bugnato, la brocca, e i piatti di peltro, in sintonia con la moderazione raccomandata dalla religione calvinista, mentre le vivande alludono alla simbologia eucaristica e alla redenzione.
Il napoletano Giuseppe Recco (1634-1695), negli anni Settanta del XVII secolo, mette in scena una composizione di pescato appena scaricato dal peschereccio: le squame argentate sembrano ancora bagnate e lanciano lucidi bagliori, e anche le alghe e la lattuga di mare rimandano alla freschezza dei pesci sapientemente composti sul ripiano e pronti per essere cucinati nella pentola di rame. Come spesso accade nelle nature morte, genere destinato a decorare per lo più gli ambienti destinati al convivio, la spiccata attenzione alla resa naturalistica e la capacità mimetica dell’artista sembrano voler coinvolgere, oltre alla vista, anche altri sensi dell’osservatore quali l’olfatto e il gusto. Il soggetto rappresentato da Giuseppe Recco dichiara la prossimità ad un ambiente marinaro, così come strettamente legata alla campagna – campagna squisitamente padana – è la produzione del piacentino Felice Boselli (1650-1732), artista che si trasferisce a Parma intorno al 1671 e lavora soprattutto su committenza delle nobili famiglie del contado. Nelle sue opere l’abbondanza e la varietà di alimenti, cacciagione, frattaglie, pesci, ortaggi, verdura, formaggio, sono strettamente connesse all’economia rurale emiliana e combinate secondo un’esuberante organizzazione compositiva. Nelle due grandi tele, databili agli anni Ottanta-Novanta, prevale l’esposizione di cibi autunnali, legati al precetto di magro, ovvero all’astinenza dalle carni: quindi verdura, ortaggi, funghi, pesci e la punta di formaggio grana. In un caso lo sfondo di un vecchio muro scuro, la finestra aperta per far passare l’aria, fanno chiaramente capire che la scena è ambientata in un locale di servizio, la dispensa, nell’altro le vivande nella loro consistenza turgida sono abilmente composte in un trionfo opulento.
L’esaltazione della ricchezza attraverso l’ostensione di una tale abbondanza riflette la saggezza dell’amministratore di terre produttive e sottende comunque una funzione apotropaica: l’augurio che sulla tavola non manchi mai nulla.
Palazzo Bossi Bocchi apre le sue porte al pubblico in occasione di mostre temporanee e nei pomeriggi di martedì e giovedì (15,30-18,00) e nell’intera giornata di domenica (10,00-12,30 e 15,30-18,00) da marzo a fine maggio e da settembre a metà dicembre.
L’ingresso al percorso museale è gratuito.
Per i gruppi è richiesta la prenotazione (museo@fondazionecrp.it).
Gli ambienti sono attrezzati per la visita di persone diversamente abili con rampe di accesso ed ascensori-montacarichi.
In concomitanza con il programma di apertura degli spazi museali, la Fondazione propone oltre all’attività didattica con le scuole, all’interno del progetto “A scuola nei musei”, serie di conferenze, di visite guidate e di conversazioni sull’arte che prendono spunto dal variegato patrimonio artistico esposto presso la sede di Palazzo Bossi Bocchi.