La Piazza della Ghiaia e i mercati cittadini

Author: Giancarlo Gonizzi

L’area della piazza Ghiaia, dove per secoli si tennero fiere e mercati, si era creata dopo la devastante piena del 1177[1]. Il corso del torrente, dopo una tumultuosa piena che aveva spazzato via i deboli argini che difendevano la città a monte e dopo avere otturato, con quanto trascinava, gli archi e coperto totalmente di ghiaia il Ponte di Pietra (che ancora oggi giace sepolto sotto la via Emilia), si ritrovò spostato ad Ovest sulla sponda sinistra, di ben 130 metri creando nuovi spazi dal greto abbandonato, che vennero chiamati Ghiaia Piccola e Ghiaia Grande[2]. La prima si stendeva dall’attuale Lungo Parma Toscanini al Palazzo dell’Università sino al convento del Carmine, mentre la seconda comprendeva l’attuale Piazza Ghiaia sino a lambire la chiesa di San Bartolomeo[3]. Si provvide allora, utilizzando anche blocchi di pietra e di marmo ricavati dal Teatro Romano, che si trovava nella zona antistante l’attuale chiesa di Sant’Ulderico (oggi recuperati e conservati al Museo Archeologico Nazionale), a costruire un argine per impedire l’allagamento della città. Il Podestà Gherardo Manara, nel 1232 rinforzò con nuove opere di difesa il fronte della Ghiaia, ponendovi, a memoria, lo stemma della sua casata a forma di mannaia[4]. Ma ulteriori opere di arginatura sarebbero state realizzate negli anni successivi.

In Piazza Ghiaia nel 1509 venne trasferito il macello pubblico. Nell’Ottocento vennero riuniti i vari mercati cittadini, liberando la Piazza Grande e le zone limitrofe e la Ghiaia divenne il cuore commerciale della città e la sua custodia era affidata al Rettore della Città[5], il quale aveva l’obbligo di mantenerla sempre libera ad uso dei mercanti e per il pascolo degli animali e dei greggi[6].

Ma la Ghiaia fu anche luogo di raduno popolare che fu testimone di importanti eventi cittadini. Dal 1512 al 1515, per festeggiare il ritorno della città al dominio pontificio, la durata della Fiera di Sant’Ercolano da celebrarsi nella prima metà di settembre fu portata a dodici giorni[7]. Sempre in quegli anni, in occasione di questa fiera che era partecipata da parecchie comunità dell’alta e media Italia, «ponevansi all’incanto i luoghi della piazza e della piazzuola, ove fossero costrutte baracche ad uso di botteghe e botteghe della Ghiaja». Durante la fiera, per favorire i commerci erano vietati i mercati nelle ville del contado e venivano sospese tutte le cause legali[8].

La fiera così organizzata da Giulio II, fu sospesa in seguito da Francesco I, re di Francia e duca di Milano e nel 1522 si tornò alla primitiva usanza e ad essa furono invitate con lettera circolare 24 città fra cui Milano, Genova, Roma, Bologna, Firenze, Venezia e Pisa. Il mercato di Piazza Ghiaia fu anche in seguito frequentato perché ad esso venivano convogliate dall’Autorità merci e bestiami per riscuotere il Dazio sulle merci vendute[9].

La piazza della Ghiaia, oltre ai mercati, ospitò dal 1509 il pubblico macello, che si trovava fra Borgo Paggeria e Piazza Ghiaia, voluto da Pier Luigi Farnese (duca dal 1503 al 1547), ampliato poi sotto la direzione dell’architetto Gian Battista Ferrari nel 1780[10], e rientrato in funzione l’anno seguente. Se all’esterno, sopra l’ingresso, troneggiava una lapide dettata dal Paciaudi[11], internamente era collocato un dipinto che raffigurava S. Rocco, il protettore dell’Arte dei Macellai e si trovavano due lunette ove erano rappresentati due buoi, dipinte su muro dal parmigiano Antonio Olivieri (1749-1811), presumibilmente in occasione della ristrutturazione borbonica[12]. Vi si ammirava anche un grande dipinto ad olio su muro con la Madonna, il Bambino e S. Antonio, illustrato nello spaccato del Macello disegnato dal Sanseverini[13]. Nuovamente ristrutturato nel 1838 su progetto di Nicola Bettoli, che lavorò anche alle Beccherie, il Macello fu soppresso nel 1898 e in tale occasione «fu levata l’iscrizione su marmo – oggi conservata nei depositi della Galleria Nazionale – e il gran quadro ad olio fatto per l’Arte dei Macellai»[14]. Nel 1900, con l’apertura di un nuovo macello fuori Barriera Saffi, l’edificio cambiò destinazione e vi si installarono negozi ed abitazioni; della vecchia costruzione rimane solamente il volume esterno[15].

Con la costruzione del macello di Pier Luigi Farnese la vendita delle carni fresche, che fino al XVI secolo avveniva in numerose botteghe ubicate nella zona di Via Cavour, era stata concentrata all’interno dello stesso edificio in Piazza Ghiaia. Ma dal 1809, per disposizione governativa, veniva sancita la scissione delle due funzioni e macellazione e vendita venivano separate. Le botteghe di macelleria si diffusero nuovamente nella città, dando adito, tuttavia, a non pochi problemi di ordine igienico[16].

Così l’Amministrazione Comunale progettava «di riunire in un sol luogo i vari spacci delle carni macellate»[17] e l’avvicinarsi di una epidemia di colera che, scoppiata in India e traversata la Russia, stava invadendo l’Europa, spinse il Podestà di Parma, Antonio Lebrun, ad accelerare i tempi di realizzazione delle Beccherie, onde eliminare i più pericolosi focolai di infezione. Bisogna, infatti, ricordare che all’epoca non era possibile conservare la carne, se non sotto sale e che gli avanzi della macellazione erano destinati ben presto a deteriorarsi.

Ma il progetto, assai costoso, non poteva pesare sulle già scarse entrate comunali. Fu rivolto così un appello alla duchessa Maria Luigia che l’accolse[18]. I lavori, subito iniziati nel 1836, si conclusero l’anno successivo. L’architetto di corte Nicola Bettoli aveva elaborato il progetto, mentre l’impresa di Paolo Bettoli aveva provveduto alla costruzione dell’edificio delle Beccherie. Al piano terreno prendevano posto ventuno botteghe per beccai, ben arieggiate e pulite, e all’estremità dell’ala settentrionale era sistemata una vasta e profonda ghiacciaia per la conservazione della carne durante l’estate; sopra le botteghe vi erano ampi locali ad uso di magazzini, poi adibiti ad asili infantili nel 1841[19].

Il costo dell’opera fu allora di 155.000 lire nuove. La duchessa il 12 gennaio 1838 ne fece dono ufficiale al Comune di Parma, il quale pose, sotto l’orologio che ornava la facciata, un’epigrafe di riconoscenza.

Contemporaneamente all’apertura delle Beccherie, venne trasportato in Ghiaia il Mercato delle Verdure e Frutta che da anni si teneva (dopo che era stato levato dal Piazzale della Steccata) davanti al Vescovado[20].

Tra le Beccherie del Bettoli e il lungo nastro di edifici che chiudono il vastissimo piazzale della Ghiaia, si disponevano i banchi improvvisati dei merciai, degli ortolani e dei fruttivendoli, raccolti sotto il gran pavese di teloni multicolori e, intorno ai prodotti esposti senza pretese di eleganza, un folto pubblico animava festosamente la scena[21].

Con la costruzione delle Beccherie venne destinato un ampio spazio di terreno a levante del Giardino Ducale per il nuovo mercato del bestiame a cui si accedeva dalla Strada delle Fonderie. Questa, per la sua conformazione ampia e cieca e per la relativa vicinanza con la piazza del mercato era molto frequentata dagli agricoltori del contado che, entrati in città alle prime luci dell’alba e scaricate le proprie mercanzie in Ghiaia, venivano a “parcheggiare” qui i loro carri e i loro cavalli[22].

La Ghiaia era divenuta il cuore commerciale della città, anche in seguito allo spostamento del mercato in Piazza Grande, stabilito nel 1851. Nel 1856, allo scopo di superare il dislivello esistente tra la platea delle vendite e il Ponte di Pietra veniva realizzata a spese del Comune una ampia scalinata in granito e biancone di Verona[23].

Nel 1880 il Consiglio Comunale delibera «che sia autorizzato l’impianto, nel pubblico Macello, della macellazione della carne equina»[24] con una spesa di 360 Lire.[25]

Nel 1883 viene intrapresa la costruzione di due lunghe tettoie metalliche a protezione dei pescivendoli, in sostituzione delle precedenti, ormai logore e vengono allora allestiti, secondo il disegno realizzato da Sante Bergamaschi, Ingegnere Capo del Comune, 16 banchi in marmo rosa di Verona[26].

In seguito ai lavori di completamento del Lungo Parma dal Ponte di Mezzo al Ponte Verdi e di parziale sistemazione di Piazza della Ghiaia con botteghe sottostanti al viale stesso, «nel 1928 il Comune veniva nella determinazione di demolire tutto l’intero edificio delle Beccherie per erigervi un grandioso (sic) Mercato Coperto»[27], intervento molto discusso in città.

In un primo tempo s’era pure ottenuta la sospensione dei lavori di demolizione ed il Ministero della Pubblica Istruzione aveva «posto il veto – così si legge nel terzo numero della rivista Cronache d’Arte del 1928 – alla decretata demolizione delle Beccherie fatte costruire a Parma da Maria Luigia, duchessa di Parma, negli anni 1836-37 con un superbo colonnato di Nicola Bettoli; questo colonnato è la più sapiente costruzione neoclassica di tutta l’Emilia». Ma anche questo tentativo fu vano e il bel colonnato fu condannato all’oblio.

Al posto delle Beccherie, nello spazio sottostante la sede stradale del nuovo viale – coerentemente intitolato a Mariotti – sorse il «grandioso Mercato Coperto». Per tutta la lunghezza della piazza Ghiaia vennero ricavati su progetto dell’architetto Ettore Leoni (1886-1968) locali ad uso commerciale.

«La vecchia Ghiaia, devastata dall’inutile e arbitrario abbattimento delle Beccherie, ritrova una sua misura ed un suo contenuto nel riassetto proposto dal Leoni, la cui sostanziale validità non è diminuita dalla povertà del materiale impiegato, il cemento martellato; soprattutto nei collegamenti verticali, che con minimo ingombro superano il dislivello di sei metri fra il piano dei negozi e quello stradale»[28].

Al termine dei lavori la Ghiaia venne riconquistata dalle bancarelle dei commercianti che andarono, in parte, a collocarsi sotto vaste tettoie metalliche erette dal Comune al centro della piazza, facendo così sparire il variopinto e pittoresco disordine delle vendite “a cielo aperto”.

Poi vennero gli impianti fissi dei negozi con le loro strutture prefabbricate, inaugurate il 26 settembre 1961 a rendere più rigido l’ambiente, sempre più diverso e lontano dalle sue prerogative d’origine[29]. Il primo agosto 1962 entrava in funzione il nuovo mercato generale, costruito nella “zona annonaria” della città e la Piazza Ghiaia perdeva il caratteristico mercato all’ingrosso della frutta e della verdura che ne aveva animato la platea per secoli[30].

Nel 2010 le tettorie furono sostituite dalle attuali coperture in vetro. In questa zona, per tradizione, ancora oggi si trovano i negozi di alimentari con i prodotti tipici del territorio.

[1] L’evento secondo l’Affò («… traboccando l’Enza, la Parma e il Taro, sì ad unir le acque loro in un lago», AFFO’, 1793, I, p 99), o secondo il Chronicon («In millesimo CLXXX flumen Taronis et Parme et Hentie miscerunt se simul, et flumen Parme entravit in foveam et de muro rupit et de taralio diruit, et magna pars favearum impleta fuit». Chronicon Parmense, Città di Castello, 1902, p 6 [5-7]) e l’Angeli nel 1180, per eccessive piogge «…fecero di se stessi un letto solo…» i tre fiumi Taro, Parma ed Enza, «… urtando sì fieramente co’ rigurgiti le mura della città, che in gran parte diroccarono, spianaronsi i terrapieni, e riempironsi le fosse di lezzo e di acque non proprie» (ANGELI B., Historia della città di Parma et descrittione del Fiume Parma. Parma, Viotti, 1590, p. 82; AFFO’ I., Storia di Parma. Parma, Ducale, 1793 4 voll., II, p 265; BANZOLA V., Le esondazioni della Parma nel corso dei secoli, in “Parma nell’Arte”, 2 (1976), pp. 27-46).

[2] CORRADI CERVI M., Profilo della Piazza della Ghiaia nel Medioevo, in Parma Economica, 1967, XI, pp. 17-18.

[3] PELLEGRI M., Parma medievale. Dai Carolingi agli Sforza, in Parma la città storica. Parma, Cassa di Risparmio, 1978, p. 100.

[4] AFFO’ I., Storia di Parma. Parma, Ducale, 1793 4 voll., III, p 149; SITTI G., Parma nel nome delle sue strade. Parma, Fresching, 1929, p. 91.

[5] Statuta Communis Parmae digesta anno MCCLV. Parma, Fiaccadori, 1856, p 185; Statuta Communis Parmae ab anno MCCLXVI ad annum circiter MCCCIV. Parma, Fiaccadori, 1857, p. 197.

[6] DALL’OLIO E., Le Sagre in Espressioni sociali e luoghi d’incontro. Cultura popolare nell’Emilia Romagna. Federazione delle Casse di Risparmio dell’Emilia e Romagna, Milano, Pizzi, 1978, p. 123.

[7] BAZZI T., BENASSI U., Storia di Parma. Parma, Battei, 1908 VI Voll. Ill. di Daniele de Strobel – Vol II, cap. X su Giulio II.

[8] Archivio di Stato di Parma, Gridario

[9] DALL’OLIO E., Sagre, mercati, fiere di Parma e provincia. Parma, Silva, 1979, pp. 123 e segg.

[10] Interessante per la cronaca la visita che fece il duca al nuovo Macello, così riferita dalla Gazzetta di Parma il 28 settembre 1781: «Giovedì dell’antecedente settimana [e quindi il 20 settembre] Sua Altezza Reale Signor Infante verso le ore cinque della sera con nobile comitiva recossi ad osservare il pubblico macello di questa città, ristorato, ampliato e ridotto a miglior forma dall’Architetto Gianbattista Ferrari abile parmigiano e che più volte ha riportato premi della R. Accademia di Belle Arti, a spese di questo Pubblico e sotto l’inspezione (sic) de’ deputati civici, Signori Pietro Fedolfi aiutante maggiore de’ Reali Alabardieri e Tenente Bortesi. Meritarono la reale compiacenza tutte le parti destinate alla sezione, conserva da neve, distribuzione e pulizia, siccome l’inscrizione scolpita di fronte alla porta maggiore dall’aurea penna del P. Paciaudi, Regio Bibliotecario, che da sè sola indica la solennità e il valore dell’opera» (“Gazzetta di Parma”, 1781, 28.IX).

[11] Paragonava con cortigianeria l’opera del duca Ferdinando di Borbone a quella dell’imperatore romano Tiberio, costruttore del grande macello Liviano.

[12] EMANUELLI A., La Piazza della Ghiaia, in “Corriere Emiliano” 1928, 5. VII, p. 3.

[13] Archivio di Stato di Parma, Raccolta Sanseverini, Vol I, n 16°.

[14] PELICELLI N., Guida commerciale della città e provincia di Parma. Parma, Zerbini e Fresching, 1913, pp. 83-84. «Uno dei tre dipinti, venne, per cura del restauratore prof. Bigoni modenese, distaccato ed asportato. Ora è custodito nei locali della Pinacoteca. Degli altri due non v’è più traccia perché non fu possibile distaccarli». (EMANUELLI A., La Piazza della Ghiaia, in “Corriere Emiliano” 1928, 5. VII, p. 3) Il gran quadro, ridotto di dimensione e di forma tonda in seguito allo strappo, è oggi depositato presso la Galleria Nazionale (SBAS, Inv. 1116)

[15] CASTAGNETI C. – HAINESS O. – PELLEGRINI E., Le mura di Parma. Vol. III. Da città murata a organismo in espansione. Parma, Battei, 1980, pp. 133-134.

[16] CASTAGNETI C. – HAINESS O. – PELLEGRINI E., Le mura di Parma. Vol. III. Da città murata a organismo in espansione. Parma, Battei, 1980, pp. 135-136.

[17] SITTI G., Parma nel nome delle sue strade. Parma, Fresching, 1929, p. 92.

[18] Nella Gazzetta venne pubblicato questo annuncio: «Fra le più importanti cure di sanità e pulitezza, non sono ultime quelle che riguardano alla salubrità e alla vendita delle carni. Onde già da gran tempo erasi da questo Comune divisato di raccogliere in un sol luogo le beccherie, sì perché fosse più agevole il sopravvegliare a che non si introducessero carni nocive, sì perché venisse tolta l’impressione disgustosa che offrono sparse e moltiplicate anche in alcune vie principali. Se non che l’esecuzione del divisamento era ritardata dalle strettezze del Comune e da parecchie altre circostanze. La qual cosa essendo stata portata a cognizione di S. M. da S.E. il Sig. Conte di Bombelles suo Maggiordomo Maggiore, al quale il dott. Antonio Lebrun Podestà di Parma aveva fatto umili e fervorose istanze, l’Augusta Sovrana, a cui non sono giorni sì lieti come quelli né quali può diffondere novelli benefizi, l’ha mossa non già soltanto a promuovere l’adempimento dell’util disegno, ma con spontanea e regale munificenza, solo, fra noi non istraordinaria né rara, ad ordinare che, a spese del Suo Ducale Erario, s’innalzi nella Piazza della Ghiaia, all’aria libera del torrente, con estesa fronte un adatto edifizio per concentrarvi la vendita delle carni, e più a dichiararlo fin d’ora donato alla Comunale amministrazione. […] (“Gazzetta di Parma”, 1836, 10.II.; GONIZZI G., Cara vecchia Ghiaia, in “Parma Vecia”, 19, 1982, V, p. 11).

[19] Decreto ducale 27.I.1841.

[20] EMANUELLI A., La Piazza della Ghiaia, inCorriere Emiliano” 1928, 5. VII, p 3.

[21] CAPELLI G., Botteghe di Parma tra Ottocento e Novecento, Parma, PPS, 1993, p. 44.

[22] GONIZZI G., Via delle Fonderie in “Parma Vecia” 2, 1980, IX, p. 14.

[23] Delibera Consiglio Comunale 30.XII.1863.

[24] Delibera Consiglio Comunale 31.XII.1880.

[25] La realizzazione del macello per gli equini doveva avvenire nei modi indicati dalla relazione dell’Ufficio d’Arte del 17.XI.1880 n. 673 e del Commissariato del 24.XI.1880 n. 1826. Parma, Archivio Storico Comunale, 1882, b, 645, Polizia 1, f. 1 Macello, Beccherie, Ghiacciaia.

[26] Parma, Archivio Storico Comunale, Carteggio, 1884, b. 720. PIAZZE E MERCATI, fasc. 1.

[27] Deliberazione del Podestà 10.IV.1928.

[28] CAPELLI G., Gli architetti del primo Novecento a Parma. Parma, Battei, 1975, p. 154.

[29] CAPELLI G., Botteghe di Parma tra Ottocento e Novecento, Parma, PPS, 1993, pp. 45, 60.

[30] Mercato Generale di Parma: 25 anni di attività. Parma, Tecnografica, 1987.